Marta: missione in Kenia

STORIE D’AFRICA

Giovedì 22 febbraio 2018 io, Marta, studentessa di giurisprudenza, sono partita con tre incredibili compagne alla volta di Nairobi: Margherita,  medico oculista, Maria Cristina, instancabile anatomopatologa,

Cristina, medico dentista nonché super Presidentessa di Maisha Marefu.

Io, veterana (se così posso definirmi) del gruppo di Maisha, era da ormai un paio d’anni che non tornavo in Kenya ed era da mesi che sognavo questo viaggio e questo fantastico ritorno nella mia amata Africa.

Una volta atterrate, venerdì mattina, ci siamo subito recate al Masai Market del Village, dove sono iniziate le “spese folli” per i vari mercatini milanesi nei quali lo stand di Maisha ha sempre una grandissimo successo.

Il momento che però attendevo con trepidazione è stato il ritorno all’orfanotrofio di Embu, il giorno seguente, dove al nostro arrivo siamo state letteralmente sommerse da bimbi sorridenti che aspettavano solo qualcuno da cui essere coccolati. I ricordi che mi legano a questo posto sono tantissimi, pieni di colori, risate, bolle di sapone, lecca lecca e canzoni. A parte l’aspetto più serio, medico e burocratico, che abbiamo dovuto affrontare e della spesso non facile “collaborazione” delle Sisters, ciò che vorrei trasmettere con questo breve racconto è quanto quei piccoli bambini siano stati in grado di scaldare il cuore di tutte noi, facendoci dimenticare per qualche giorno la frenesia della vita quotidiana e facendoci riscoprire la semplicità di un sorriso sincero.

Durante questo breve soggiorno siamo andate a fare la spesa per comprare quanto richiesto dalle suore per i bambini (dai pannolini al latte in polvere) e abbiamo passato una giornata al dispensario Gachoka, situato in una zona piuttosto isolata rispetto ad Embu, immerso in una grande piantagione di mango (di cui abbiamo fatto fantastiche scorpacciate), dove abbiamo incontrato le donne del “progetto pulcini/galline” e dove abbiamo avuto il piacere di poter parlare con Sister Loise, a cui abbiamo promesso l’aiuto per comprare un pannello solare al fine di evitare dei disastrosi salti di corrente, fatali per i vaccini.

Partite da Embu con tanto magone e le lacrime agli occhi, ci siamo dirette alla clinica di Ithanga, gestita e amministrata alla perfezione da due persone pazzesche: Sister Liliana (una vera forza della natura) e Sister Letizia (persona solare, posata e di grande rispetto). Ciò di cui vi sto parlanto altro non è che una clinica, nel bel mezzo del nulla, non troppo distante dall’ospedale di Tika, in cui infermiere e “paramedici” si adoperano tutti i giorni per fornire assistenza a tutte le persone in difficoltà. A Ithanga ci sono gruppi di sostegno per malati di AIDS e diabetici, un dentista che viene tre volte a settimana e anche un pediatra, ma soprattutto il cuore della struttura è la maternità, le nascite e la cura dei bambini neonati e delle loro mamme. Questo posto mi ha mostrato una realtà molto forte, difficile e cruda, soprattutto dal punto di vista medico. Pare difficile non scadere nella banalità quando si fanno affermazioni del genere, ma io, Marta, in poco meno di tre giorni, ho capito veramente cosa vuol dire “arrangiarsi” con poco o nulla e comunque riuscire a salvare vite, curare malattie e alleviare sofferenze. In tre giorni ho potuto assistere Margherita nel visitare pazienti con problemi agli occhi di tutti i generi. Nonostante qualche piccolo problema di comunicazione, che comunque veniva spesso reso più che altro un motivo di sorrisi e risate, siamo riuscite a fare del nostro meglio nell’ascoltare e aiutare tutti coloro che facevano capolino nella nostra piccola stanzetta. Gli strumenti a nostra disposizione erano pochi e non sempre soddisfacenti, il che ogni tanto era frustrante, ma vi assicuro che dare con mano ad un signore anziano un paio di occhiali da lettura e vedere il suo viso illuminarsi nel realizzare di poter finalmente leggere, è qualcosa di indescrivibile. E sebbene ogni tanto avevo l’impressione che quel poco che facevo fosse veramente insufficiente, questa esperienza mi ha insegnato che ogni piccolo gesto ha importanza e che non serve a nulla sentirsi insoddisfatti e scontenti per quello che ci manca o su quanto di più si potrebbe fare, ma bisogna soffermarsi su quel poco che si ha, che si fa e che si può fare.

Trascorsi tre giorni a Ithanga, siamo ripartite alla volta di Nairobi, per concludere le ultime “spese pazze” ai mercatini, ritirare le collane di Kazuri e fare le valigie.

Concludo questo mio racconto con un’immagine, che ancora adesso mi cerco di rievocare ogni volta in cui mi sembra di affogare nella frenesia della vita di tutti i giorni: Sister Liliana lo chiama “piccolo paradiso”….uno spiazzo roccioso dal quale si staglia una vista mozzafiato, che ripaga dalla stanchezza di una giornata faticosa.

Tornata a Milano, non posso che ringraziare le mie fantastiche compagne di viaggio e non posso che iniziare a fantasticare sulla mia prossima avventura africana, che spero, arrivi il prima possibile.

Asante Sana,

Marta

 

 

 

Paolo Bigi

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