Francesca: IL MIO VIAGGIO AD EMBU
Il mio viaggio ad Embu è stata un’esperienza meravigliosa. Sono partita con lo zaino e la valigia pieni di aspettative ed entusiasmo: sapevo che avevo davanti un’avventura unica che mi avrebbe portata a scoprire un mondo nuovo. Quello che non potevo nemmeno lontanamente immaginare era quanto avrei imparato in tre settimane di vita in Kenya.
Per prima cosa ho imparato il significato della parola “casa”. Appena arrivata all’orfanotrofio, ho capito perché questa parola è indicata a chiare lettere nel nome dell’istituto, “Embu Children’s Home”. Il giardino era pieno di bambini che giocavano ricorrendosi, nascondendosi, ridendo; l’atmosfera che si respirava era quella di una serena domenica in famiglia. Nei tanti giorni che ho avuto la fortuna di trascorrere qui, ho potuto capire perché questo luogo sia realmente casa per tanti bambini; le stanze piene di lettini e di letti a castello, il giardino con le giostre e le altalene, la stanza dei giochi per i più piccoli, la mensa con i grandi tavoli e le seggioline intorno: tutto profuma di casa.
Ad ogni ora del giorno e della notte c’è sempre qualcuno che veglia su questi piccoli e si prende cura di loro: ho conosciuto persone straordinarie che, con ruoli e mansioni diverse, si prodigano ogni giorno, con la consapevolezza della grande responsabilità e importanza del proprio compito. Vivendo con loro per tanti giorni ho avuto modo di capire che i bambini hanno davvero un’opportunità qui: hanno la possibilità di vivere sereni, di crescere in un luogo sicuro e con chi che si prende cura di loro con esperienza e soprattutto Amore. Alcuni hanno famiglie che li aspettano al di fuori dell’orfanotrofio, il giorno in cui saranno in grado di provvedere in maniera adeguata ai loro bisogni; altri una famiglia al di fuori non l’hanno più, ma hanno la possibilità di crescere e istruirsi ed imparare ad affrontare la vita. Questi piccoli non sono solo storie tristi, anzi: sono gioiosi, entusiasti, curiosi, e guadagnano ogni giorno un pezzetto in più di serenità.
La cosa più stupefacente è come tutto questo sia portato avanti con quello che ai nostri occhi appare “poco”: ogni aiuto è prezioso e viene messo a frutto per far fronte alle mille (davvero mille) esigenze, tenendo conto della collettività ma anche dei bisogni di ciascuno. Dai farmaci, al latte per i neonati, al cibo, alle scarpine, alle uniformi per la scuola, al sapone: tutto arriva grazie al dono di persone che nel loro piccolo riescono a cambiare davvero ogni giorno la vita di questi bambini.
Ad Embu ho anche imparato il significato della parola “accoglienza”: grazie ai gesti delle persone che mi hanno accolta, all’atmosfera serena e gioiosa, alle attenzioni e all’affetto dei bambini, mi sono davvero sentita a casa. Questo è ancora più vero per i piccoli che trovano rifugio nell’orfanotrofio: nei miei primi giorni ho avuto modo di assistere all’arrivo di una bambina di soli 7 mesi, trovata abbandonata in un villaggio vicino. Quando è arrivata era un fagottino, tanto leggera che ci si poteva dimenticare di averla in braccio; non avevo mai visto un esserino così denutrito e provato. L’opportunità di accompagnare questa bambina all’inizio della sua “nuova” vita ad Embu è stata davvero un dono per me: ho potuto vedere quanto rapidamente abbia cominciato a mangiare, a sorridere, a migliorare di giorno in giorno. L’orfanotrofio è anche la casa di alcuni bambini con disabilità più o meno importanti; per loro la sfida con la vita è ancora più difficile e ancora più grande è lo sforzo che viene compiuto per prendersi cura della loro salute, con amore e dedizione.
Il mio viaggio è stata anche un’occasione unica per conoscere un mondo che in comune con la nostra terra ha davvero poco: colori, sapori, odori, tutto è completamente nuovo e intenso. Il rosso del cielo all’alba, gli alberi di Jacaranda pieni di fiori viola, i mille colori del mercato di frutta e verdura di Embu: queste sono le tonalità dei miei ricordi di questi luoghi meravigliosi.
Per concludere, ho imparato quanto davvero sono fortunata: fortunata ad aver conosciuto questa realtà, ad aver potuto donare un po’ del mio tempo e delle mie energie a questi bambini, ad aver vissuto con persone straordinarie, ad avere così tanti ricordi meravigliosi che mi accompagnano nella vita di ogni giorno.
Ho imparato quanto si possa fare semplicemente prestando il proprio orecchio e le proprie mani: questa è la grande lezione che ho imparato ad Embu, ed è la grande lezione che ogni giorno mi ricorda il lavoro di tutte le straordinarie persone che fanno parte di Maisha.
Asante, Maisha! Francesca